giovedì 12 Giugno 2025
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Oakmont, un percorso da brividi per il terzo major dell’anno

Dal 12 al 15 giugno la 125esima edizione dello US Open all’Oakmont Country Club di Pittsburgh. Tre gli italiani in campo: Edoardo Molinari, Migliozzi e Pavan

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Dal 12 al 15 giugno la 125esima edizione dello US Open all’Oakmont Country Club di Pittsburgh. Tre gli italiani in campo: Edoardo Molinari, Migliozzi e Pavan

Lasciate ogni speranza (di birdie) o voi che giocate. Da giovedì a domenica vi aspetta l’inferno dell’Oakmont Country Club di Pittsburgh, in Pennsylvania, per l’edizione numero 125 dello Us Open di golf. Secondo uno studio di Golf Digest nelle nove edizioni precedenti (la prima nel 1927) solo il 2 per cento degli oltre 1.300 golfisti che ci hanno giocato ha chiuso i quattro giri sotto par. Ventisette in tutto. Qualche goccia nell’oceano. Per questo è da apprezzare il -4 grazie al quale Dustin Johnson sollevò il trofeo nel 2016. A dire il vero si sarebbe trattato di un -5, se non fosse stato per una penalità postuma, per palla mossa in green, che non trovò d’accordo gli arbitri di allora e che ancora oggi fa discutere. Se andiamo alla penultima edizione, quella del 2007, il risultato finale fu abbondantemente sopra par: vinse Angel Cabrera con +5.

Lo Us Open, storicamente, per come viene preparato il campo, è sempre stato il torneo più divisivo: da una parte chi ritiene che i festival dei birdie, alla fine, risultino banali, se non addirittura noiosi, e chi invece pensa che non sia per nulla divertente vedere i grandi campioni soffrire come il più normale dei dilettanti. Questioni di punti di vista, amplificati dall’Oakmont Course, un campo dove non ci sarà pure acqua, ma le insidie sono tante. E, secondo alcuni, troppe. A cominciare dal rough. I giocatori hanno visto i lavori di taglio e hanno confidato nella clemenza degli organizzatori, ma pare che le speranze siano andate in gran parte deluse. A sentire alcuni protagonisti una volta in rough si fa fatica a vedere le proprie scarpe, figurarsi la pallina. Sarebbe più utile una falce e invece bisognerà fare di necessità virtù e affidarsi ai propri bastoni, oltre che alla forza delle proprie braccia.

Ogni fairway preso sarà un sospiro di sollievo, considerata la ristrettezza degli stessi e i numerosi bunker che li tempestano. Alcuni davvero curiosi e iconici. Il più famoso è quello della buca 3, un par 4 di poco meno di 420 metri, lungo il lato sinistro, enorme e attraversato da strisce di erba. Uno spettacolo a vedersi, un bel rompicapo a entrarci. Se lo eviti, però, occhio agli altri bunker di destra, piccoli ma non meno fastidiosi. Va bene mettiamo che il pericolo sia scampato poi, però, bisognerà fare i conti con i green. In genere di parla di lastre di vetro, ma qui, scusate il paradosso, ci sarebbe anche la levigatura.

Servirà una sensibilità straordinaria, sia negli approcci che una volta preso in mano il putter. È consigliabile non prendersela più di tanto in caso di errore. I nervi è meglio conservarli ben saldi. E, a proposito di curiosità, davvero singolare il green della 9: vale anche come putting green. Le due zone sono separate da una linea contrassegnata da due paletti blu. Dalla parte della club house si pratica e ci sono 9 buche, da quello opposto si gioca con la sola buca della bandiera. Ma attenzione: chi si allena non può puttare da oltre la linea di demarcazione, pena un colpo di penalità la prima volta e la squalifica alla seconda. Per chi è in gara, invece, nessun problema: si può puttare anche dalla zona di pratica grazie a una regola locale. E se la palla finisce in una buca o dietro una di esse si può ovviare senza penalità.

Oakmont non finisce mai di stupire. È un par 70 con un bel po’ di contraddizioni. Prendiamo la buca 8. È un par 3 di “sole” 289 yard, 260 metri. Un bel dilemma per i giocatori su quale strategia usare. E non manca chi non esita a definire una scelta illogica un par 3 di quella lunghezza. Anche perché, se vogliamo, stride con il par 4 della 17 di soli 312 yards, solo 20 metri in più. Stessa strategia, oppure diversa? E come ci si dovrà comportare con la nuova 10. Prima era un par 4 in discesa di oltre 400 metri, con il fairway che portava dritto al green, ora hanno creato una profonda depressione trasversale, un piccolo burrone, ai 300 metri. Come bisognerà giocarlo? Difficile vedere all’opera i driver. Gente come Xander Schauffele o Justin Thomas lo hanno detto chiaramente: non ci pensano nemmeno, anche a costo di un secondo colpo più lungo. Come dargli torto? A meno che non ti chiami Bryson DeChambeau, campione in carica con la gentile collaborazione di Rory McIlroy. Lui sì che ci pensa. E lo ha già fatto in prova: drive oltre la depressione. In rough sì, ma ben oltre. Lo farà anche in gara? È uno dei tanti motivi di curiosità.

Non ci resta che metterci davanti alla tv e goderci o spettacolo, perché questo è garantito. E vedremo se ci sarà qualcuno in grado di battere Scottie Scheffler, numero uno del mondo, fresco vincitore in scioltezza del Pga Championship, o se McIlroy, messo da parte il tabù Masters, è in grado riprendere la collezione di major interrotta per ben 11 anni. Ma allo Us Open non ci saranno solo loro. Ci sarà il meglio del golf mondiale, com’è ovvio, ma anche quella affamata metà di altri iscritti che proviene dagli oltre 10.000 tornei di qualificazione sparsi per il mondo. Tra questi qualche sorpresa come quella di Matt Vogt, apprezzato dentista, che a tempo perso ha deciso di provarci e c’è riuscito. Sua madre abita a due passi dal campo e a Oakmont ha fatto il caddie per 5 anni. Vada come vada, perlomeno non avrà spese di albergo. E, poi, hai visto mai?

Ma davanti alla tv potremo trepidare anche noi. La pattuglia azzurra è bella nutrita: Edoardo Molinari, Andrea Pavan e Guido Migliozzi saranno della partita. Loro hanno superato le qualifiche e cercheranno di trarre il massimo profitto. Vada come vada anche per loro. Senza dimenticare, però, che Migliozzi ha un quarto posto in bacheca. E, allora, di nuovo: hai visto mai?

Nella foto: la buca 3 del percorso di Oakmont

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