giovedì 17 Luglio 2025
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Geo-Golf: cronaca di una scoperta

“Il golfista, con l’agricoltore, è l’essere umano che vive più direttamente a contatto con la Terra. Fino ad anticipare perfino i geologi nella rilevazione di mutamenti strutturali della superficie terrestre. Forse…”

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La pratica assidua del golf ha tanti risvolti positivi. I più scontati sono la bellezza dei campi, la continua verifica delle proprie (in)capacità, la voglia, anche in età matura, di sfidarsi. E molto altro si potrebbe aggiungere, a cominciare da quel senso di gratificazione trasmesso nei pur sporadici momenti di gloria: che capitano; raramente, ma capitano.

Però stavolta, al tramonto di una lunga e secca estate, è un’altra la sensazione che voglio condividere con voi Carrellanti. Mi correggo subito: non una sensazione ma una precisa rilevazione ricavata da decine di giri sui campi di tutta Italia. Partiamo da un punto: il golfista, con l’agricoltore, è l’essere umano che viva più direttamente a contatto con la Grande Madre Terra. Privilegio non da poco, che permette di non recidere il cordone ombelicale con la Genitrice: col vantaggio, rispetto all’agricoltore, di non doversi sobbarcare giornate di lavoro pesante. A meno che non si voglia ritenere lavoro pesante, e usurante, l’opera di vangatura che si compie nei giorni in cui le flappe si moltiplicano a discapito dello score e della propria autostima. E tralasciando, inoltre, il dettaglio sull’opportunità di sottrarre certe braccia a un più consono lavoro agricolo.

Tutto ciò premesso, eccovi la riflessione nata da osservazione condotta, con spirito scientifico, non solo in questa ma anche nelle quattro-cinque stagioni precedenti. Ho tenuto buona nota, in questi anni, di colpi e distanze e adesso credo di poter affermare con sufficiente attendibilità che è in atto una preoccupante mutazione geologica del nostro territorio che, a qualsiasi latitudine, in qualsiasi condizione, sta cambiando. E il dato più significativo di questa trasformazione, da me acquisito con certezza quasi assoluta, è che la nostra terra si sta ammorbidendo, sta perdendo elasticità anche nei momenti più secchi dell’anno.

Con la Grande Madre, lo sapete, non si scherza. I Geologi la studiano, la sondano, l’analizzano per verificarne lo stato di salute, decifrarne i segnali, prevenirne i mutamenti più insidiosi. Se la Grande Madre si muove, in profondità, sono guai, come sappiamo bene.

Ho pensato perciò di sottoporre questa mia constatazione a un esperto del settore, contattando Mario Tozzi, famoso geologo, ricercatore del CNR, divulgatore televisivo (l’avrete visto mille volte calarsi nelle viscere della terra per svelarne i segreti). Essendoci conosciuti in uno studio Rai, mi ha cortesemente prestato attenzione. Tutto ciò che riguarda la terra lo interessa.

A un certo punto, però, mi ha chiesto: “La teoria è interessante, ma su cosa è basata?”. “Su centinaia di rilevazioni – ho risposto – effettuate nel corso degli ultimi anni nelle più svariate zone d’Italia.” “D’accordo – ha insistito – ma cosa intendi per rilevazioni?”. “Intendo la misurazione, tramite gli attuali strumenti elettronici sul mercato, di ogni colpo da me effettuato.” “E quindi?” “E quindi ho scientificamente verificato che, anno dopo anno, la terra d’Italia, ammorbidendosi, sottrae metri alle mie traiettorie. Vuoi un esempio? Il mio drive lambiva i 200 metri, ora si ferma a 180. Il mio legno 3…” “Fermo, fermo: mi stai dicendo che i tuoi colpi si sono accorciati.” “Non proprio: ti sto dicendo che a terra non trovano più la spinta, dopo il volo, per toccare le distanze di un tempo.” Qualche secondo di inquietante silenzio all’altro capo del filo. Poi: ”Potresti dirmi quanti anni hai?”. “Che c’entra, scusa?”. “Non ti preoccupare: tu dimmi quando sei nato.” “Diciamo alla metà esatta del secolo scorso.” “Quindi hai 65 anni.” “Si può dire anche così.” “E pensi che sia colpa del terreno?” “Certo. Che altro se no?”. “Scusa, ho un avviso di chiamata. Ti richiamo io più tardi.” Clic.

Non mi ha mai richiamato. Non esistono più i geologi di una volta.

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