sabato 3 Maggio 2025
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Elisabetta Sgarbi e il suo nuovo noir visionario

L'editrice firma la regia di un film, "L'isola degli idealisti", tratto da un romanzo di Scerbanenco. L'8 maggio uscirà nelle sale italiane per Fandango. L’abbiamo intervistata

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L'editrice firma la regia di un film, "L'isola degli idealisti", tratto da un romanzo di Scerbanenco. L'8 maggio uscirà nelle sale italiane per Fandango. L’abbiamo intervistata

I noir non sono sempre così affascinanti, cercano con freddezza l’intrigo esibendo uno o più morti; quindi, sviano sulle tracce di un movente. “L’isola degli idealisti”, al contrario, eccelle per l’eleganza e la raffinatezza di linguaggio. L’empatia con i personaggi è immediata, bastano poche pagine.

Ebbene. Elisabetta Sgarbi, editrice e regista, ha trasformato in film la storia di Giorgio Scerbanenco, un autore riposizionato sugli scaffali delle librerie a cura de “La Nave di Teseo”. Il romanzo noir, forse il primo della seconda vita del giallista ucraino, finirà sul grande schermo con un cast d’élite: Tommaso Ragno, Elena Radonicich, Michela Cescon, Renato Carpentieri. La sceneggiatura è firmata dalla stessa Sgarbi e da Eugenio Lio.

In Italia l’uscita in sala è prevista per giovedì 8 maggio.

Domanda – Inizierei proprio da Scerbanenco, Elisabetta Sgarbi, uno straordinario narratore che riuscì a imporre uno stile noir inusuale per la metà del Novecento, a quanto si ricorda allora piuttosto America dipendente. C’è una dote letteraria dello scrittore che l’ha convinta a pubblicare con “La Nave di Teseo” i suoi romanzi?
Risposta – «Lui è un grande costruttore di storie. Ha raccontato con sensibilità straordinaria i cambiamenti della società italiana del dopoguerra. E, soprattutto, ha creato personaggi femminili memorabili, molto contemporanei, dalle sfumature sottili. “L’isola degli idealisti” vive di donne decisive, già negli anni Quaranta, in largo anticipo sui tempi. E nel film ho particolarmente sottolineato questo aspetto».

D – È del 2018 l’uscita in libreria de “L’isola degli idealisti”, un racconto scritto in gioventù dall’autore ucraino, che in Italia trovò la gloria, recuperato dal figlio Alan (dopo essere stato conservato gelosamente dalla moglie Teresa Bandini) e ceduto alla sorella Cecilia. Ha subito pensato di farne un film?
R – «Quando l’ho letto la prima volta, ho visto l’Isola, la Villa, i Sotterranei, l’acqua come via di fuga e come protezione. I personaggi. Mentre leggevo, pensavo già a dove e con chi avrei voluto girare un film. Non c’era soggetto, non c’era sceneggiatura, non c’era produttore. Ma le immagini affioravano».

D – Editrice e regista: un palleggio intrigante che lei gestisce in che modo, Elisabetta?
R – «Il tempo: per potere fare questo film ho impiegato sei anni, da che è nato il desiderio fino al momento delle riprese. Non è stato soltanto il tempo per scriverlo, produrlo (grazie a Bibi Film e Rai Cinema), ma il tempo per leggere molti romanzi di Scerbanenco (che via via “La Nave” ha pubblicato con la curatela della figlia Cecilia) per poter entrare con grande libertà e consapevolezza nella trama dell’Isola degli idealisti. L’intreccio del film e la costruzione dell’umanità si nutrono di diversi suoi romanzi».

D – Diciamo subito dell’anteprima a Lignano del 3 maggio al Cinecity di Sabbiadoro. Un omaggio alla terra che Scerbanenco amò negli ultimi anni di vita?
R – «È un omaggio a lui e a Cecilia. Il tour degli “Idealisti” si apre proprio a Lignano, il luogo di Scerbanenco, a cui lui stesso ha dedicato almeno tre romanzi. Si tratta dell’anteprima, dopo la presentazione al Festival del Cinema di Roma. Vorrei fosse una grande festa per questo autore».

D – Intrigante e soprattutto ricco di sfumature è il materiale umano che si scontra sull’Isola della Ginestra. Ci racconta cosa succede?
R – «La benestante famiglia Reffi (padre e due figli) per diverse ragioni, che emergeranno, si isolano in una signorile villa al centro di un’isola. Due ladri, un ragazzo e una ragazza, in fuga da non si sa cosa, ma lo si scoprirà, arriveranno sull’Isola (per caso? Coscientemente?). E scoppierà la bolla in cui si sono rinchiusi i Reffi. Si creeranno nuove geometrie. Ma, soprattutto, emergerà che quella bolla, in realtà, era già scoppiata».

D – Possiamo ricavarne una morale da questa storia?
R – «La domanda intorno a cui ruota l’opera è: “Si può cambiare? Si può diventare diversi da come si è?”. Ha ragione Celestino Reffi quando dice a Beatrice: “Lei non è una ladra, lei ruba.” O ha ragione Beatrice?: “Io sono una ladra e lei è un illuso”».

D – Che stile cinematografico affascina Elisabetta Sgarbi?
R – «Sono un’ammiratrice compulsiva. Ho un Pantheon affollatissimo».

D – Lei è autrice di dodici documentari, di sei lungometraggi e di quattro corti. È corretto? Ecco, quando decise di stare dietro una cinepresa? E perché?
R – «Qualcuno di più. Ho iniziato a desiderare il cinema grazie a Enrico Ghezzi. Lui mi ha mostrato un’altra idea di cinema e pure altri registi, alcuni dei quali, dal ’95 a oggi, hanno fatto la storia».

D – C’è per caso un altro progetto filmico nei suoi pensieri?
R – «Mi piacerebbe continuare a lavorare con e su Scerbanenco».

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Gian Paolo Polesini
Gian Paolo Polesini
Gian Paolo Polesini è giornalista professionista, critico cinematografico e televisivo. Dopo 34 anni al Messaggero Veneto - dei quali 27 nella redazione Culture, titolare dal 2000 fino al 2018 della pagina del cinema nonché della rubrica quotidiana “Piccolo schermo” (1992-2018) - adesso collabora con le pagine Cultura&spettacoli delle sei testate del gruppo Nem. Ha scritto “Sangue blu” (Cre@ttiva editore); “MissInTime, ragazze italiane” (Volpato); “On Demand, la Tv da leggere (quando ti pare) (Volpato); “Polle, il figlio unico” (Orto della cultura) e “Una festa pazzesca: trent’anni di Ceghedaccio” (Orto della cultura).
Associati a AIGG

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